venerdì 18 marzo 2011

Festeggiare, senza dimenticare il 25 aprile

Perchè è giusto festeggiare l'Unità d'Italia raccontato ripercorrendo i fatti e le caratteristiche del movimento popolare che ha determinato il processo di riunificazione. Parola a Alberto Mario Banti, massimo studioso di questo periodo storico.

il 17 marzo 1861 a Torino veniva dichiarata l'Unità d'Italia. 150 anni dopo in una sala del Maggior Consiglio stracolma si ripercorrono le cause i motivi che hanno portato alla costruzione di uno stato unitario. A narrare i fatti è uno dei massimi studiosi del Risorgimento italiano, il professore Alberto Mario Banti, dell'università di Pisa che descrive il movimento "popolare" e politico dal quale è scaturito il nostro futuro di cittadini italiani.

Un movimento di massa dalle dimensioni significative per il numero di adesioni che l'hanno costituito. Illumina sulle caratteristiche di questi patrioti, giovani dai baffetti radi e le gote rosa, fieri nelle loro camicie rosse e delle loro armi. Perchè il risorgimento italiano è anche e soprattutto un movimento militare, il che spiega la predominanza di giovani di varia estrazione sociale, la maggior parte proveniente dal contesto urbano. Manovali, operai o scaricatori di porto delle classi popolari ma anche proprietari terrieri, intellettuali, nobili perchè a fare il risorgimento italiano è stato un popolo guidato da un obiettivo comune: l'unità. Non è una questione economica la nascita del Risorgimento. A spingere una massa di persone non sono stati gli interessi della borghesia e le loro questioni economiche ma una spinta ideale dettata da forti passioni, e qualche interrogativo.

Monarchica o repubblicana? federalista o non federalista? erano alcuni dei grandi questioni che riguardavano il futuro degli italiani. Decisioni politiche, giuridiche, economiche, religiose che fossero comuni da nord a sud. Si deve molto allo Statuto Albertino che ha gettato le basi per fare dell'Italia uno Stato di diritto, laico dove tutti "i rignicoli" sono uguali davanti alla legge, sottolinea il professore. Aspetti modernizzanti rispetto agli altri regni come il Granducato di Toscana, il Regno delle Due Sicilie o lo Stato Pontificio. Si contrappongo però a questi, il plebiscito che in quegli anni veniva limitato solo al 2% della popolazione, quella ricca e intellettuale, e lo negava ai poveri e alle donne.

Descritto come "assai mortificante" invece il pensiero dominante nei confronti di quest'ultime, anch'esse patriote di quel movimento, il cui diritto ereditò dal Codice di Napoleane "l'autorizzazione maritale", assai meno moderno insieme a molto altro rispetto allo Statuto Albertino.

Anche la Chiesa ha avuto un ruolo nel processo di unificazione e non solo spirituale, rappresentata nella persona di Papa Pio IX, amico e poi nemico di questo movimento. E se i valori religiosi cristiani erano fondamentali per i patrioti lo erano anche quelli del "sangue e del suolo" che ha guidato e supportato l'intero movimento. L'essere pronti a sacrificarsi per la propria terra, la propria patria, racchiude una concezione aureo religiosa fondamentale per guidare una massa di persone pronte al sacrificio della propria vita. Valori che hanno superato periodo cupi come la grande guerra e che si sono ripetuti nella storia del nostro paese, basti pensare a "Cuore" di De amicis e al nazionalismo dell'era fascista.

Chiude con una riflessione lo storico: "è bello e giusto festeggiare il 17 marzo, per ricordare come si costruisce uno stato moderno ma è anche giusto festeggiarlo solo per un anno e poi restituirlo al Risorgimento. Quello che a cui non dovremo mai rinunciare di festeggiare è il XXV aprile e il 2 giugno elmenti cardini che fondano la Repubblica d'Italia rappresentato da quella bellezza unica e rara che è la nostra costituzione che ci rende tanto orgogliosi".