giovedì 22 aprile 2010

stage, stage e ancora stage

Il futuro dei giovani laureati ha un solo nome: stage.


Sembra incredibile ma gli annunci di lavoro per giovani laureati (specie quelli in materie umanistiche) sono solo per stage e tirocini. O hai esperienza o te la devi procurare con un'"occasione" che l'azienda ti offre per imparare. Più che occasione per il neo laureato gli unici veri beneficiari sono i datori di lavoro che a costo zero si ritrovano con una mano d'opera in più nell'organico aziendale.

Io mi sono laureata il 25 novembre 2009 in scienze della comunicazione. Cinque anni di studio, 6 mesi di stage tra la triennale e la specialistica, un anno alla Città Digitale del Comune di Genova e ora...un altro stage. Otto ore al giorno, 500 euro di rimborso spese! Inizio a credere che il mio futuro sia fatto di stage. Realtà come la mia se ne contano davvero molte perchè a salvarsi dallo stage pare siano solo "i raccomandati" che in Italia non sono pochi.

Ai tempi dell'iscrizione all'università, scienze della comunicazione era un vero e proprio boom tra le facoltà umanistiche. Ogni azienda aveva inserito nell'organigramma un ufficio stampa, o ufficio comunicazione per far fronte alla spietata concorrenza del mercato e sembrava una facoltà che un lavoro te lo procurava. Così è stato per un pò di anni, finchè è arrivata la crisi economica. Le più colpite sono state le piccole e medie aziende, ovvero la realtà ligure, che hanno pensato bene di tagliare i ponti con la comunicazione e per noi poveri neolaureati la gavetta post laurea è diventata un interminabile stage!

venerdì 16 aprile 2010

NO! all'uso del sacchetto di plastica SI! a "Porta la Sporta"


In un solo anno, in Europa, vengono consumati e gettati nell'ambiente circa 100 miliardi di sacchetti di plastica usa e getta. E' stato stimato che la vita media di ogni sacchetto è inferiore ai 20 minuti e che, se usassimo una borsa di tela, potremmo risparmiare circa 22176 sacchetti durante una vita media. Gli effetti sulla fauna marina sono devastanti. Quasi il 90% del rifiuto galleggiante in mare è costituito da plastica non biodegradabile in quanto derivata dal petrolio con gravissime conseguenze per la natura. Si calcola inoltre che i sacchetti uccidono ogni anno oltre centomila esseri viventi.

Dal 17 al 24 aprile in tutto il paese si svolgeranno iniziative mirate all’educazione e informazione degli italiani nei confronti del non uso del sacchetto di plastica. Si chiama “Porta la Sporta” e ha lo scopo di diffondere l'utilizzo della borsa riutilizzabile invece dei sacchetti in plastica e monouso.

Promossa dall’ Associazione dei Comuni Virtuosi, Wwf, Italia Nostra, Fai e Adiconsum che coinvolgera' piu' di 100 comuni italiani, la campagna è stata lanciata nel marzo 2009 con l'intento di sensibilizzare non solo i consumatori, ma anche i commercianti, aziende, imprese, associazioni e organizzazioni no profit, scuole di ogni grado, enti e istituzioni nazionali e locali a divulgare la cultura del non uso del sacchetto di plastica, come esempio emblematico di uno stile di consumo “usa e getta” non più sostenibile.

Le iniziative di partecipazione alla settimana nazionale “Porta la Sporta”, che promuove l'adozione delle borse riutilizzabili, comprendono azioni di sensibilizzazione e informazione sull'impatto ambientale del sacchetto di plastica.

Portare la sporta può diventare qualcosa di più di una semplice abitudine, può rappresentare il primo atto di consapevolezza ecologica che apre un percorso di atti ulteriori di rispetto verso l'ambiente.

Cosi' come il sacchetto, seppur biodegradabile, è diventato l'icona di uno stile “usa e getta” la borsa deve diventare segno distintivo di quanti non hanno solamente adottato un oggetto ma uno stile di vita di cui essere orgogliosi.

Gufi o allodole...io certamente un gufo!!!


Capita ogni anno nel mese di aprile di sentirsi leoni alla sera e pigroni al mattino.

Non avere mai voglia di andare di dormire e di conseguenza non riuscire ad abbandonare il letto allo strillare della sveglia ha una risposta scientifica. Il genere umano infatti, dispone di “sincronizzatori dell’attività sonno- sveglia” regolati dall’orologio biologico interno , quello geneticamente determinato (gene clock). Un orologio che si esprime in maniera diversa in ogni individuo e che, in linea di massima, configura cinque categorie.

I soggetti normali: sono quelli che normalmente vanno a letto alle 23 e si svegliano alle 7 del giorno dopo.

I gufi ovvero i soggetti che si coricano alle 4 del mattino e resterebbero a dormire fino a mezzogiorno.

Le allodole, persone che non riescono a vedere un film in prima serata perché alle 20 dormono già e al mattino sono attivi e scattanti alle 5.

Gli intermedi a cui appartengono i “tendenzialmente gufi” e i “tendenzialmente allodole”.

Che siate gufi o allodole comunque la sequenza degli amminoacidi che costituiscono il gene-clock si esprime in maniera differente oltre ad altri elementi che entrano in gioco, come la luce. A influire infatti sul desiderio di dormire poco, tipico di questa stagione, è determinato dall’aumento della durata della luce che si accompagna alla necessità di una vita sociale più intensa e prolungata. Fattore favorito anche dall’aumento della temperatura. Ma più tardi si va a letto e meno si dorme.
Mentre quindi la categorie delle allodole sarà penalizzata in primavera quella dei gufi si sentirà meglio sincronizzata con le giornate più lunghe, nonostante al mattino pagheranno le conseguenze del furto di sonno. Attenzione però gufi, perché a lungo andare chi dorme troppo poco rischia la salute